venerdì 22 novembre 2013

La vita in questa società sbagliata è come il gioco dei MONOPOLI

Il gioco che ha sempre affascinato grandi e piccoli è quello dei MONOPOLI.

Ma vi siete mai chiesti il perché, e se ve lo siete chiesto avete trovato la risposta giusta?

Se non avete ancora trovato la risposta, cercherò di aiutarvi a capire, quale perverso meccanismo ci attanaglia e ci appassiona.

Ho usato non a caso la parola perverso perché definisce molto bene questa società in questo sistema sbagliato, fortemente incline al male, cattivo, malvagio. Perché? Perché invece di unire disunisce, e sgretola alle fondamenta la natura dell'umana specie calpestando affetti, amore compassionevole, in nome di mera ricerca della felicità obsoleta fondata sul possesso.
Ed in pratica questo è il gioco dei monopoli dove fortuna ed ambizione ruotano intorno al successo legato al possesso, dove la fortuna e/o sfortuna è legata al rischio del lancio dei dadi che determina un percorso ed una sosta dove poter usufruire dei vantaggi delle probabilità che il gioco ti concede dove potere investire il tuo patrimonio iniziale acquistando immobili o pagare una tassa, quindi la fortuna da sola non basta ma deve necessariamente essere collegata all'abilità di investire il proprio denaro nel modo più proficuo possibile, tutto questo non fa altro che affinare la tua arguzia per metterla in culo al prossimo, possedendo quanto più e possibile a discapito di quelli meno fortunati.
Tutto questo cosa comporta? Comporta alla formazione del carattere in modo del tutto sbagliato ed insano di ogni individuo, quindi cupidigia, avidità, sete di potere, individualismo si sostituisce all'altruismo ed sentimento di compassione verso il prossimo modificando la configurazione genetica di un individuo dove il male prevale sul bene comune e l'amore disinteressato.

Ma ricordatevi che tutto questo non dura in eterno e quando hai raggiunto la vittoria mandando tutti gli altri in bancarotta e miseria. TUTTO TORNA NELLA SCATOLA incluso il denaro e i tuoi possedimenti.






FORMAZIONE DEL CARATTERE E MUTAMENTI DEL DNA

La natura umana si diversifica da quella animale, sostanzialmente per due fattori:
  1. l'animale, già a livello fetale riceve istruzioni che vengono trasmesse dalla madre e che formano il suo DNA, ad esempio: nei cavalli come in altri quadrupedi, in pochi minuti subito dopo la nascita sono in grado di alzarsi sulle zampe e mettersi a correre, nelle piccole testuggini, appena escono dal guscio dell'uovo si mettono a correre sulla sabbia verso il mare che pure non vedendolo sanno che si trova da quella parte e tutte insieme si dirigono verso di esso, questo per un essenziale istinto di sopravvivenza, noi pensiamo, ma in realtà sono istruzioni che anno ricevuto già nell'embrione che ha formato il loro DNA prima ancora della nascita.
  2. nel bambino, a livello fetale riceve poche istruzioni ad esempio quella di nutrirsi non più attraverso il cordone ombelicale ma cercando  di attaccarsi al seno della madre per succhiare il latte, per tutto il resto, dopo la nascita sono come un libro bianco che deve essere scritto nel tempo attraverso i sensi. Infatti, egli non è in grado di camminare ne di parlare e ci vogliono anni prima che impari a farlo da solo, egli ha solamente il bisogno del contatto fisico della madre per sentirsi protetto e se questo gli viene negato può generare dei traumi che causano stress mentale ed in futuro quando sarà adulto possono sfociare in atti di violenza. Nessun neonato nasce cattivo ma può diventarlo se i suoi genitori ignorano i bisogni dei propri figli e non capiscono perché piangono e li trascurano nei loro bisogni essenziali. Il costante contatto fisico del bambino con la madre lo assicura dal punto di vista protettivo specialmente nei primi mesi di vita, se questo contatto fisico gli viene a mancare, piange e si spaventa, egli riconosce la madre attraverso il contatto fisico ed il suono della sua voce quando ella lo prende in braccio e gli parla per tranquilizzarlo. egli non sa ancora esprimersi con le parole ed usa il pianto, quando ha paura, quando ha fame o sete, e quando si sente sporco e gli brucia il culetto.
Molto spesso, in questa società postmoderna, si commettono svariati errori verso i propri figli, vuoi perché la donna ha bisogno di lavorare, o vuoi per negligenza, affida i propri figli all'asilo nido prima ancora del compimento del terzo anno di età, è sbagliatissimo, lo so che anche la donna ha il diritto ad avere un suo lavoro nella società, ma ella deve essere consapevole che oltre ad essere donna è anche e soprattutto madre, che non può trascurare i figli altrimenti questi non crescono sani, ma malati e stressati per avere subito innumerevoli traumi che causano stress al cervello e malformazione genetica di tipo comportamentale, molto pericolosa quando questi saranno adulti e quindi inclini alla violenza verso chi li circonda e verso loro stessi.  
 
 

IL DENARO, IL VERO INGUARIBILE CANCRO DI QUESTA SOCIETA' SBAGLIATA


Anticamente non esisteva nemmeno il baratto: i beni materiali non avevano valore di scambio, ma al massimo potevano essere un “dono collettivo”, all’interno di riti religiosi, feste, banchetti. Insomma, il profitto e il guadagno non esistevano. Perfino quando dal dono collettivo si passò al baratto, il concetto rimase quello di scambio alla pari, che traeva ispirazione dai rituali religiosi.
 
Soldi in arrivo La comparsa del denaro - in forma di moneta, in metallo più o meno prezioso, garantita in peso e misura dallo Stato - risale all’VIII secolo avanti Cristo, nella Lidia, in Asia Minore. Con la comparsa della moneta (elektron) inevitabilmente nasce anche il “mercato”. Nel breve giro di un secolo circa (VII-VI secolo a. C.) apparve in Grecia la figura del mercante, cioè colui il quale guadagna sulla differenza di prezzo fra ciò che acquista e ciò che vende. E da lì all’attuale sistema economico il passo è davvero breve.
 
Ma allora viene spontanea un domanda: ma i popoli, prima della comparsa del denaro come vivevano?
Prendiamo ad esempio le tribù.
 
 



La tribù. Unica, vera società umana
       
La società umana
L’uomo è un animale di branco. Il branco o tribù è stato il primissimo sistema di aggregazione dell’essere umano ed è la struttura sociale durata più a lungo. Il tribalismo nasce indubbiamente da un adattamento evolutivo. Quattro milioni di anni fa, divenuti bipedi, i nostri progenitori che non avevano né zanne, né artigli si trovarono a fronteggiare, praticamente indifesi, i grandi predatori. Non potevano sperare di batterli nella corsa e oramai avevano perso la capacità di arrampicarsi velocemente sui rami più alti degli alberi. Solo con la collaborazione dei propri simili potevano sperare di scamparla e come ancora oggi fanno gli scimpanzé davanti al pericolo, scoprirono che saltando e strillando potevano sconcertare e allontanare la fiera. Per due milioni di anni questa tecnica  consentì loro di essere erbivori di successo, finché due, tre milioni di anni fa cambiando le loro abitudini alimentari, applicarono la tecnica del gruppo alla caccia rendendola più proficua e funzionale. Sicuramente dalla cooperazione del clan deriva una maggiore possibilità di sopravvivenza e di nutrimento. Questa pulsione sociale così come l’istinto materno, la curiosità, la compassione, l’inventiva è frutto dell’evoluzione e quindi completamente istintiva perché necessaria alla sopravvivenza. Di conseguenza non può essere modificate dalla cultura, anche se l’intelletto può intervenire su un istinto espresso in modo eccessivo trasformandolo in un comportamento più accettabile e vantaggioso. Come vedremo più avanti gli interventi sull’istinto tribale innescati dall’agricoltura sono stati vantaggiosi per lo sviluppo della civiltà ma estremamente punitivi per la famiglia, per l’individuo e per la sua felicità. La struttura di una tribù era relativamente semplice, composta da pochi individui con scarse distinzioni sociali. Si trattava di piccoli gruppi, 10 - 30 persone che potevano arrivare anche a 100 se le condizione dell’habitat erano particolarmente favorevoli. Prevalentemente nomadi non avevano una struttura gerarchica ma egualitaria, con una precisa distinzione dei compiti, agli uomini la caccia, alle donne la raccolta. Queste occupazioni impegnavano poche ore della giornata e molto tempo veniva dedicato al gioco, all’ozio, alle piccole curiosità. Lo studio delle società tribali ancora esistenti ci consente di registrare una distinzione importante legata principalmente all’ambiente e di conseguenza alla disponibilità del cibo. Se il territorio offre scarsa selvaggina tale da essere sufficiente solo per uno o pochi giorni la struttura sociale ha caratteristiche molto semplici e viene definita IR (immediate return), viceversa quando i frutti della caccia sono copiosi, il cibo in eccesso viene lavorato e conservato, allora si parla di DR (delayed return) e la società appare più complessa. Queste sono le principali diverse caratteristiche:
società a ritorno immediato (IR)
·        cibo consumato immediatamente
·        gruppi non stabili e nomadi
·        nessuna istituzione, regole semplici e flessibili, strettamente egualitaria
·        impegni a breve scadenza, individualismo e indipendenza
·        condivisione del cibo e degli strumenti, sanzioni a chi accumula proprietà personali
·        accesso libero al territorio
società a ritorno ritardato (DR)
·        il cibo in eccesso viene lavorato e conservato
·        i gruppi non sono più stabili, restano però legati strettamente e sono solo parzialmente nomadi
·        esiste un capo, un consiglio di saggi, regole complesse e un ordine superiore di legami come i clan, le fratrie, le parti
·        impegni e legami sono considerati importanti
·        esiste la proprietà del cibo e delle donne, c’è scarsa condivisione
·        il territorio resta libero ma è controllato dal gruppo, nasce la proprietà su alcune risorse.
Ovviamente questi studi trovano obiezioni nel fatto che le tribù oggetto di analisi sono in ogni caso “contaminate” dai contatti col mondo agricolo, pastorale o industrializzato e di conseguenza è ardito basare sulle loro consuetudini le nostre interpretazioni della preistoria. Per ovviare a questo problema si sono analizzati i vari livelli di rapporto intercorsi tra la civiltà e questi popoli, dal semplice contatto agli scambi sporadici, all’acculturamento, assimilazione o addirittura come spesso è accaduto, all’annientamento. Si è resa così più razionale la comprensione della società tribale. D’altronde ulteriori, recenti ricerche danno conferme scientifiche a queste ipotesi. Secondo questi studi la dimensione del cervello dei primati è determinata dalla dimensione del gruppo sociale. Il cervello umano ad esempio è in grado di interagire e comprendere pienamente un massimo di 150 individui. Oltre tale numero ricorre a schemi gerarchici, a stereotipi. Per questo le strutture sociali contemporanee non hanno avuto successo cercando di combinare gli istinti tribali di egualitarismo e di solidarietà con la complessità della vita attuale. Gli istinti tribali, frutto di milioni di anni evolutivi sono funzionali solo a piccoli gruppi non alla innaturale e insuperabile impersonalità delle masse. Le società di massa rende l’individuo competitivo e perciò insicuro e aggressivo in contrasto con il naturale equilibrio dell’uomo pienamente presente alla vita, competente, cooperativo e altruista. Di questo tutti noi siamo ben consapevoli.
 
Il neo  tribalismo
Di conseguenza gli antropologi hanno rivisto notevolmente il concetto di tribù, finora considerato solo come fossile sociale. La vita all’interno della tribù è vita facile e sana. Qualcuno ha definito le culture tribali come le “prime società del benessere” non per il possesso di beni ma per la loro combinazione di agio unito ad assenza di bisogni. Piccole comunità aperte, egualitarie, cooperative e senza classi sociali. E’ ragionevole pensare che questo sia lo stato naturale dell’umanità frutto di milioni di anni evolutivi. Non è ovviamente applicabile alle masse, come la tragedia del comunismo ci ha dimostrato, ma presuppone piccoli gruppi entro il numero appunto di 150 persone. La nuova rivoluzione tribale tratteggiata da Daniel Quinn sostiene infatti che le civiltà nate dal totalitarismo agricolo non hanno mai funzionato e se cerchiamo un modello naturale di società dobbiamo guardare alla preistoria.
GC
 

I BOSCIMANI
I Bushmen, indicati anche come San o Khoisan sono il più arcaico gruppo culturale africano, i più vicini alla specie sapiens dalla quale emergeranno successivamente i neri. Il loro DNA differisce da quello di qualunque altra razza africana e sono arrivati virtualmente intatti dalla preistoria fino ai nostri giorni. Pelle chiara e giallastra, precocemente grinzosa, sono rimasti cacciatori – raccoglitori e il loro territorio occupa attualmente lo Zambesi e il Botswana.
 
LE TRIBU’ BOSCIMANI
I San vivono in clan di 120 o più individui, costituiti da gruppi familiari con legami non troppo stretti. Ciascun clan ha un territorio a disposizione che rispetta scrupolosamente. L’attitudine sociale è di cooperazione, non esiste la proprietà e le prede cacciate sono condivise con tutti. Alcuni di loro sono artisti e pittori, autentici professionisti che passano di tribù in tribù per realizzare le proprie opere. Amano la musica e la danza e condividono ogni decisione in discussioni cui tutti partecipano
 
L’ULTIMO”ROMPICAPO”
Il DNA umano differisce da quello delle scimmie solo per il 2  - 3%. Uomini e scimmie hanno tra l’altro una importante caratteristica in comune, il cervello è notevolmente sviluppato in relazione al corpo. Secondo molti scienziati questo è dovuto alla complessità della loro vita sociale. Il Prof. Robin Dunbar è uno psicologo evoluzionista che studia da anni il comportamento sociale dei primati. Le sue ricerche lo hanno portato a concludere che lo spessore della neocorteccia, la parte “pensante” del cervello è in relazione al numero di rapporti interpersonali sostenibili. Oltre questo numero i primati ricorrono a stereotipi. Per l’uomo il numero massimo sostenibile all’interno di un gruppo sociale è 150, mentre sono 12 gli stereotipi basilari più usati.
The ultimate brain teaser Liverpool University Research Intelligence, Issue 17
 
ROBIN  IAN  MACDONALD DUNBAR
Nato nel 1947 in Africa, Dunbar è un antropologo e biologo  evoluzionista  inglese specializzato nel comportamento dei primati. E’ conosciuto per avere formulato l’equazione che fornisce il numero di Dunbar come limite cognitivo di individui con i quali si può mantenere una relazione stabile. Dal 2007 è Direttore dell’Institute of Cognitive and Evolutionary Anthropology della Università di Oxford.
 
 
     
 
 
Avete capito? l'uomo suddiviso in piccoli gruppi detti tribù, sostanzialmente poteva vivere senza la necessità del denaro come mezzo di scambio il vero veleno delle società umane in questo mondo moderno, dove il tessuto sociale era molto semplice e teneva il gruppo unito e compatto senza discriminazioni.
 
Nella società moderna, troppe cose sono discriminanti che ci dividono invece di unirci, troppi personalismi disgregatori influiscono nella società umana, come:
le proprietà, il denaro, le religioni e le controversie tra potere politico ed economico che hanno contribuito a formare le varie caste e classi sociali suddivise in ELITE,  di pochi che comandano sulle masse e le rendono schiave al loro volere ed ai loro capricci. NON ESISTE UNA DIVISIONE EQUA DELLE RISORSE A LVELLO GLOBALE. Solo 1% possiede proprietà e tantissimo denaro, il resto viene suddiviso tra benestanti, borghesi, e tanta plebaglia tra i quali alcuni riescono a campare ed addirittura risparmiare, ma molti, anzi troppi non ce la fanno a sbarcare il lunario pur lesinando allo spasimo i consumi. Tutta questa disugualianza  produce sentimento di ODIO  degli uni verso gli altri ed istigazione alla rivolta violenta che prima o poi è destinata a scoppiare in modo violento e la morte e la caduta di chi combatte al tuo fianco non placa l'odio ma lo nutre ancora di più e ti sprona di andare avanti fino alla agoniata  Vittoria finale.

In cosa consiste poi la vittoria finale? Rovesciare il sistema? o abbattere la casta politica uccidendo gli attuali usurai  che mettono alla fame il popolo? Potrebbe essere una soluzione ma alla fine da sola non basta perché la base da sola non sa autogovernarsi e ci vuole sempre un ordine politico nuovo in grado di gestire il potere e suddividere i beni in maniera più equa e consona per una eguaglianza più diffusa e responsabile, insomma altri uomini si sostituiscono a quelli attuali per garantire l'ordine e la pace, altri uomini vulnerabili e corruttibili, chi ci garantisce alla fine che questi uomini rimangano onesti per sempre e non cedano alla corruzione per un proprio tornaconto personale? Niente e nessuno ma solo un vero ordine preconfezionato che diventato legge sia garantista assoluto per non cadere negli stessi errori, voglio dire che prima di tutto siamo noi come individui che dobbiamo modificare il nostro essere con una coscienza comune e altruista, forse non una religione ma un credo comune e umanista, infondo tutti noi abbiamo bisogno delle stesse cose, PACE E BENESSERE DIFFUSO TRA GLI UOMINI dobbiamo prima modificare il nostro spirito, ognuno di noi deve fare un esame di coscienza per purificarci dentro essere più compassionevoli ed imparare ad amarci l'uno con l'altro, non c'è altro modo per raggiungere una felicità interiore che non questa strada, e allora prima di mettere mano alle armi per sconfiggere il male dobbiamo essere pronti e disponibili al cambiamento collettivo.